INTRODUZIONE

La figura del Medico di Famiglia (chiamato anche Medico di Base o Medico di Medicina Generale o Medico di Assistenza Primaria) venne introdotta con la Legge 23 dicembre 1978 n. 833 nell’ambito dell’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Ogni cittadino (italiano o straniero regolare) è assistito da un proprio Medico di Base, liberamente scelto sulla base di un rapporto fiduciario, al fine di disporre – all’occorrenza – di un interlocutore di primo livello che possa fornirgli direttamente una risposta esaustiva al bisogno sanitario o, qualora il problema fosse complesso, orientarlo ed affiancarlo verso il Pronto Soccorso, gli Specialisti e gli Ospedali.

Il Medico di Assistenza Primaria offre un servizio di prossimità ed è il primo contatto di carattere sanitario con il cittadino-paziente; ha una conoscenza stretta e continuativa dei suoi assistiti – spesso non limitata agli aspetti solo sanitari della loro vita – che gli permette di rapportarsi con la loro quotidianità sia per i bisogni contingenti e sia al fine di svolgere una funzione educativa e preventiva verso i fattori di rischio per la salute, specie con riferimento alle patologie croniche.

Al Medico di Assistenza Primaria, così come periodicamente riconosciuto a livello politico istituzionale, dovrebbe competere un ruolo centrale nella gestione del territorio, anche se troppo spesso domina la logica del cambiare tutto per non cambiare niente e ai proclami seguono altri proclami con poche speranze di essere realizzati compiutamente.

Il tempo presente, con le riduzione importante della capacità di spesa dello Stato, non aiuta certo l’attuazione di ambiziose rivoluzioni copernicane; la pretesa di fare tutto ad isorisorse, senza investimenti, ma solo con tagli agli sprechi, rischia di portare il sistema ad una revisione delle prestazioni sempre più puntuale, fino – forse – a giungere, nel tempo, ad un limite di incomprimibilità tale, da non poter soddisfare in modo universalistico i bisogni di tutti i cittadini (secondo il modello cosiddetto “beveridge” che finora ha connotato il SSN, essendo in nostro Paese uno dei pochi stati al mondo che ancora applica un puro criterio di inclusività).

Riteniamo che vi sia la necessità di un maggior investimento strutturale nella medicina generale stessa,sia come risorse economiche e sia come presa in carico di responsabilità sostanziali,al fine di poter raggiungere gli obiettivi di qualità, efficienza, efficacia ed equità previsti dal SSN, e offrire una risposta organica, strutturata e flessibile, alla domanda di salute, tenendo in debito conto le problematiche connesse con l’invecchiamento delle popolazione e la complessità della cronicità, con cui già nell’attualità è chiamato a confrontarsi il sistema.

Il medico di assistenza primaria proprio per le caratteristiche culturali ed organizzative del suo lavoro, fisicamente incardinato nei territori, a stretto contatto con la quotidianità minima, ma reale della gente comune, può e dovrebbe essere il ponte ideale fra i vari livelli della domanda di salute dei cittadini e i servizi preposti a fornire le risposte attese.

La recente riforma della sanità regionale lombarda avviata con la Legge 23/2015 incentrata su alcuni punti qualificanti quali la presa in carico delle patologie croniche, la valutazione multidimensionale, il governo della domanda ( finora il modello si era incentrato sul quello dell’offerta), l’integrazione socio sanitaria, il pagamento a tariffa e non più a prestazione (introducendo una specie di DRG territoriali), il tentativo di superare la separazione fra ospedale e territorio (tramite le ASST),parte infatti dalla  presa d’atto dell’evoluzione dei bisogni e delle nuove sfide poste dall’invecchiamento della popolazione.

La medicina di base si interroga con preoccupata curiosità sulla portata di questi cambiamenti sia in termini di sistema (che potrebbe prevedere l’introduzione di integrazioni di tipo mutualistico od assicurativo) sia in termini di ruolo professionale, in quanto la concorrenzialità fra i gestori delle patologie croniche, rende improrogabile un suo diretto impegno gestionale dei percorsi nella loro complessità e completezza e non solo sul versante strettamente clinico.

Un cambiamento che rischia di essere epocale ed irreversibile e una sfida che la medicina generale non può che raccogliere se vuol cercare di mantenere la sua funzione di baricentro attorno a cui finora ed ancora – pur con tanti limiti – si articola la cura primaria dei cittadini ed il presidio dell’entità territoriale.

Il logo della Rete Tra.ber.to (Travagliato-Berlingo- Torbole), della quale faccio parte, rappresenta un Tangram, un antico gioco rompicapo che consiste nel disporre in vario modo sette pezzi inizialmente posti a formare un quadrato per ottenere varie figure, tutte diverse fra loro; se ne possono costruire tantissime, basta un po’ di pratica e di fantasia.

Il messaggio che riprendiamo applicandolo all’attualità è che da situazione apparentemente uguali, se si ha la capacità di ripensare alla disposizione degli elementi costitutivi e soprattutto si ha un’idea progettuale e di percorso, con pazienza, tenacia e coraggio, si possono realizzare nuovi assetti, che meglio si adattano al quadro operativo più favorevole.

Scomporre per ricomporre quindi, e se è nelle cose della vita la necessità di cambiare, talvolta anche in modo traumatico, la differenza la fa poi la possibilità di ripartire diversi, ma, possibilmente, migliori.

Non progredi regredi est è il claim che incrocia il Tangram, una frase che ben sintetizza l’intento programmatico di questo sito web, e rappresenta uno stimolo a vivere con dinamicità, realismo e appropriatezza la quotidianità della professione.

People first, resterà sempre un impegno prioritario per una sistema sanitario che voglia guardarsi alla specchio senza timore di sentirsi depersonalizzato e derealizzato.